Presenteismo
Secondo un recente studio compiuto dall’inglese Institute for Public Policy Research (IPPR), il costo annuo per le aziende britanniche dei dipendenti che continuano a lavorare quando dovrebbero invece darsi malati ha superato nel 2023 i 100 miliardi di sterline all’anno – all’incirca 120 miliardi di euro.
La maggior parte del costo deriverebbe dalla scarsa produttività dei dipendenti che non sono del tutto in salute. Infatti, secondo l’IPPR, i malati che lavorano ‘lo stesso’ ormai perderebbero in media annualmente l’equivalente di 44 giornate di lavoro rispetto ai 35 giorni di minore produzione del 2018.
L’Istituto, citando dati OCSE, riferisce che gli inglesi sarebbero tra i lavoratori europei meno inclini a prendersi giornate di malattia – anche quando dovrebbero – con il risultato non solo di rendere meno in termini lordi ma anche di abbassare la qualità della produzione.
Il quotidiano The Guardian cita un Senior Research Fellow dell’IPPR, il Dott. Jamie O’Halloran, il quale attribuisce il fenomeno dell’eccessivo “presenteismo” alla tendenza delle aziende di “mettere sotto pressione i dipendenti perché continuino a lavorare pur essendo in cattiva salute, questo a danno del benessere delle persone e della loro produttività”.
Secondo l’IPPR, l’abitudine di lavorare pur stando poco bene “è più comune tra gli appartenenti a gruppi etnici o razziali emarginati, come anche tra le persone con impieghi di bassa qualità e con una scarsa preparazione formale”. L’organizzazione sottolinea in particolare il problema della salute mentale sul posto di lavoro, asserendo che, nel Regno Unito, “il 12,7% di tutte le giornate di malattia è attribuibile a disturbi mentali…”
Image Credit: Instagram
James Hansen per Mercoledì di Rochester |