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Liberiamo i bimbi

Liberiamo i bimbi

 

L’intervallo estivo, che raggiunge il suo picco con le vacanze di agosto, tende a esporre i genitori ai loro figli con un’intensità inconsueta rispetto al resto dell’anno. Capitano a pennello dunque le notizie che arrivano dall’Inghilterra della prossima uscita di un libro – Child Liberation: The Oppression of Children and the Case for Change, di Lorna Finlayson, un’accademica che insegna alla Università di Essex.


Nella visione della Finlayson, i bambini sarebbero una ‘categoria oppressa’ in quanto i loro genitori – e la società – gli negherebbero tanti ‘diritti basilari’, obbligandoli per esempio ad andare a scuola anche contro la loro volontà e decidendo, forti del potere tirannico che spetta agli adulti, l’ora in cui i figli minori devono andare a letto. Tutto questo per non parlare dei loro ‘diritti politici’ negati…


È troppo facile dare alla studiosa della ’svitata’ e osservare che con ogni probabilità non è un genitore. Quella che non è, invece, è una storica. Nei fatti, fino a un’epoca ancora recente, nei ceti sociali ‘meno abbienti’ almeno, i piccoli non erano solo liberi di arrangiarsi come potevano, erano incoraggiati a farlo.


Nell’Inghilterra ‘vittoriana’ per esempio, c’erano tante opportunità di lavoro per i minori, le cui piccole dimensioni li rendevano adatti ad assistere gli spazzacamini, arrivando giù nelle canne fumarie dove un adulto non poteva arrivare… Per lo stesso motivo, i piccoli giocavano un ruolo importante nella manutenzione della rete fognaria secondaria. Mal che andava, potevano fare i lustrascarpe per strada. Un po’ ovunque, in Europa come altrove, i bambini delle zone rurali venivano comunemente mandati ad aiutare nei campi non appena sapessero camminare.


La liberazione dei bambini dall’oppressione famigliare o scolastica – lasciandoli senza qualificazioni e impreparati per fare i mestieri ‘alti’ – forse crea però una nuova opportunità. Tanti lavori, particolarmente quelli stagionali nell’agricoltura, non richiedono abilità tecniche e non si prestano all’automatizzazione. Per ora, siamo spesso costretti a reperire manodopera dall’estero per le raccolte. In futuro questi lavoratori potremmo allevarli ‘in casa’, beh, no; forse ‘per strada’.


Image Credit: Public Domain


James Hansen per Mercoledì di Rochester