Mercoledì di Rochester
Il taccheggio
James Hansen • 24 gennaio 2024
Il commercio al dettaglio è in forte evoluzione a causa delle nuove forme assunte da un problema molto antico: il furto nei negozi. Il taccheggio – ’shoplifting’ in inglese – è da qualche anno assolutamente epidemico in tutto l’Occidente. Il perché è controverso. Da una parte si tende a pensare che sia dovuto al continuo aumento del costo della vita, dall’altra è percepito come un sintomo del collasso dell’ordine civile.
ll fatto che il problema esista—in forma massiccia—non è invece in dubbio. Negli Stati Uniti la National Retail Federation riferisce che l’incidenza delle perdite causate dai taccheggi nei negozi è passata da US$453.940 per ogni miliardo di vendite nel 2015 a $719.458 per miliardo nel 2020, un trend in continua crescita. Nel Regno Unito, secondo il British Retail Consortium, il numero di casi di furto nei negozi è aumentato del 26% nel solo 2022.
L’Italia è sempre ‘pudica’ nel rilascio di statistiche negative. Tuttavia, il Ministero dell’Interno concede che “questo reato è aumentato in modo significativo nel 2022”. Altre fonti italiane, non ufficiali, parlano di un “ammontare complessivo di €6,7 miliardi su base annua costituito dalle ‘differenze inventariali’ (che comprendono anche altre perdite materiali) sommate agli investimenti in sicurezza”.
Molti elementi contribuiscono a creare il fenomeno, a partire dalla percezione – condivisa anche dalle forze di polizia – che questi ‘furtarelli’ non siano crimini importanti. Del resto, i furti sono da sempre una parte integrante della vita dei commercianti, abituati a tenere bene d’occhio i ‘tipi’ che entrano nel negozio.
L’effettiva ‘de-criminalizzazione’ del taccheggio attraverso l’indisponibilità della polizia a intervenire è un fattore. La catena di supermercati inglese Co-op riferisce che, sui circa mille taccheggi bloccati quotidianamente nei loro negozi, nel 71% dei casi gli agenti neanche si presentano per identificare gli autori. Più significativo ancora è l’emergere di bande organizzate di ladri che entrano nei negozi in gruppo con dei grossi borsoni da riempire con merce da rubare ‘dietro ordinazione’ che verrà poi venduta attraverso mercatini e siti Internet.
Finché questi furti hanno rappresentato un costo operativo relativamente marginale, si potevano sopportare. Ora non è più così: ormai si assiste a un aumento esponenziale negli investimenti per la sicurezza della merce e dei dipendenti. Nei paesi più toccati dal fenomeno – Stati Uniti e Regno Unito – la grande distribuzione inizia a chiudere i suoi negozi ‘più vulnerabili’ nei quartieri maggiormente a rischio. Cambia anche l’arredo dei punti vendita, con la merce più ‘appetibile’ – come i liquori, la ‘bassa cosmesi’ et al. – spesso relegata dietro pannelli trasparenti che devono essere appositamente aperti da un commesso.
Del nuovo taccheggio il commercio non muore, ma cambia faccia e il modo di rapportarsi con i clienti, ora a volte guardati più con apprensione che con soddisfazione…